Hai mai sentito parlare di languishing?
Languishing è un termine inglese adottato all’inizio del millennio dal sociologo e psicologo Corey Keyes e che in lingua italiana può essere tradotto come “languire”.
Si configura come uno stato di vuoto e stagnazione, non indica un disturbo psicologico, ma è caratterizzato da bassi livelli di benessere.
Adam Grant dice che è come osservare le nostre vite attraverso un vetro appannato: non siamo depressə, ma, al tempo stesso, non stiamo funzionando al massimo delle nostre potenzialità.
Credo non ti stupisca sapere che il languishing è stata l’emozione prevalente a livello mondiale nel 2021. La sindemia ha portato con sé, oltre alle questioni legate più strettamente al virus un forte disagio psichico, sociale ed economico.
Questo trauma collettivo ha causato un fortissimo stress in tuttə noi, di cui porteremo sintomi più o meno acuti per molto tempo.
Il languishing è uno di questi e può essere aggravato dalla delusione perché non ne siamo affatto uscitə migliori e dalla veemenza con cui ci viene chiesto di tornare ad una ‘normalità’ che è altamente problematica.
Io l’ho provato all’inizio di questo autunno: mentre programmavo i mesi a venire sentivo crescere in me una mancanza di senso che mi ha portata a passare parecchi pomeriggi a letto, consumando compulsivamente podcast e video di cronaca nera (!)
Che fare?
Ho iniziato a sentirmi meglio quando mi sono concessa di accogliere questo malessere, ho accettato che non potevo fare finta di niente e mi sono detta che ‘è ok non sentirsi ok‘.
Ho ripreso contatto con tutte le emozioni che mi attraversavano in quei giorni, provando a dare spazio alle parti di me più preoccupate e spaventate.
Con pazienza ho fatto un inventario delle mie risorse del momento, lasciandomi ispirare dalla lista delle capacità di Martha C. Nussbaum (filosofa che io adoro e di cui ti ho parlato anche qui).
Gratitudine
A poco a poco ho iniziato a provare gratitudine per le cose che la sindemia ha messo a dura prova, ma non scalfito:
- una base sicura: un tetto sulla testa, il cibo in tavola, la salute mentale e fisica
- il pensiero critico: riuscire a mantenere lucidità rispetto a prescrizioni e informazioni non sempre date in maniera corretta (e a volte delirante e violenta)
- l’immaginazione: poter avere una visione del dopo, di ciò che desidero vivere e realizzare al di là delle situazioni contingenti
- i sentimenti: provare amore per le persone care (includo ovviamente gli animali non umani con cui vivo) e sentirmi ricambiata
- la sorellanza: esserci per le mie amiche e sapere che loro ci sono per me, quotidianamente e senza remore
- la solidarietà multispecie: essere in relazione profonda con le altre specie e l’ambiente, “convivere con il resto del vivente senza danneggiarlo” e portando solidarietà a tutte le forme di resistenza
- la spiritualità: poter andare a modo mio in cerca dell’essenza delle cose
- la creatività: avere la possibilità di realizzare la mie idee, godere di attività che mi facciano entrare in un flusso di sensazioni piacevoli, giocare, trovare soluzioni nuove a problemi vecchi
Rassicurata, ho capito che l’unico modo giusto per iniziare a pensare ad una vera ripartenza era riprendere con-tatto: non strattonarmi ma accarezzarmi, non costringermi a grandi progetti ma dedicarmi a cose piccole e quotidiane.
Muovermi in uno spazio di possibilità che fosse sicuro e sostenibile.
“persistere nel non sapere qualcosa d’importante” e accettare il rischio di andare avanti a modo mio in un momento storico così complesso, creando la mia mappa un pezzetto alla volta.
E tu, come stai?
Riparti alla grande o are you feeling blah (cit.)? In entrambi i casi, va bene così!
Non lasciamoci condizionare da una presunta normalità che ci vuole accondiscendenti e performanti, spesso tesə al raggiungimento di obiettivi e profitti altrui.
Riprendiamo con-tatto con le nostre emozioni, senza giudicarle.
Diamo forma e nome alle sensazioni percepite così da trasformarle in risorse, senza forzature.
Inventariamo costantemente la nostra lista di capacità/diritti, tenendo ciò che serve e lasciando andare il resto.
Come farlo?
“Dedicandovi quotidianamente (o almeno più volte la settimana) alla creazione di immagini, comincerete forse a individuare temi comuni, forme e colori ricorrenti, e svilupperete naturalmente un vocabolario visivo personale, cioè il vostro modo peculiare di lavorare con i materiali e con i simboli.” – Cathy A. Malchiodi
L’arteterapia è un utile strumento per capire ‘come va’ e per far emergere immagini interiori che ci facciano da bussola:
- ti aiuta ad acquisire consapevolezza e quindi a regolare meglio le tue emozioni
- riattiva il tuo senso di autoefficacia e di fiducia nelle tue capacità
Con un super equipaggiamento o nel mood “scarpe rotte eppur bisogna andar”, l’importante è non perdere l’orientamento e provare a scegliere sentieri adatti a noi, con gentilezza e consapevolezza.
Se pensi che avere una compagna di viaggio possa esserti d’aiuto, fai un giro tra i miei Paths!
Sono percorsi individuali pensati per esplorare il tuo mondo, rispettando i tuoi tempi: ci sarà sempre la possibilità di sostare e ad ogni bivio sceglieremo insieme la direzione da prendere.
Oppure puoi seguirmi sulla mia pagina Facebook e sul mio profilo Instagram. Ci trovi occasioni per sperimentare come l’arteterapia può farti bene e inviti ad esperienze in piccolo gruppo.
Raccontami nei commenti come stai vivendo questo periodo, sarò felice di leggerti!