fase: periodo, stato di qualche cosa, che segni un cambiamento rispetto a un periodo o stato precedente, e in genere ciascuno dei vari momenti di uno sviluppo.
Fase è la parola che ho scelto come guida per il 2022.
Come dicevo anche qui, amo le parole che vengono utilizzate in diversi ambiti: in questo caso astronomia, sport, psicanalisi, elettrotecnica, chimica, mineralogia, politica, tecnica audio e tanti altri come ci spiega Treccani 🙂
Confesso però che ho scelto faṡe come parola dell’anno soprattutto perché mi trasmette tranquillità, nonostante l’importante etimologia greca del tema di ϕαίνομαι «mostrarsi, apparire».
Mi rassicura molto pensare ai mesi futuri come a un passaggio, un divenire, un work in progress. Mi dà un grande senso di leggerezza poter semplicemente dire “è una fase”, piuttosto che parole grandi come resistenza, rinascita, resilienza, realizzazione.
Come avrai capito tutto questo c’entra molto con la sindemia, giunta ormai alla sua quarta ondata e con quel senso di incertezza di cui parlavo anche qui.
Ciclicità
Ancor di più è dovuto alla riscoperta di una connessione tra i miei cicli personali con la ciclicità del mondo naturale: fasi lunari, stagioni, ruota dell’anno.
Questa nuova consapevolezza è nata sicuramente grazie all’aiuto di Wolf, il meticcio con cui vivo da cinque anni.
Nelle passeggiate con lui è facile osservare i cambiamenti ciclici della natura e finire completamente immersa in esperienze multisensoriali tra suoni, colori e profumi di ogni stagione.
Un altro fattore che mi ha spinta in questa direzione è una rinnovata attenzione ai segnali del mio corpo.
Da circa un paio d’anni ho imparato ad ascoltarlo (un po’) di più e mi sono accorta che non resta affatto indifferente alla ciclicità del mondo là fuori, anzi.
Sebbene io non viva a stretto contatto con la terra (anche se appena posso corro a sporcarmi le mani scroccando l’orto a qualcunə), i ritmi differenti nelle varie stagioni influenzano molto i miei livelli di energia.
Per approfondire le mie intuizioni, quest’anno ho deciso di utilizzare come calendario il Lunario della Dea: un calendario circolare e non lineare, dove è possibile creare una mappa dei propri cicli (fisici, emotivi, energetici, sociali, onirici) nel corso dei mesi.
Non è per niente facile passare dalla visione lineare a quella circolare del tempo. Cresciamo con l’idea che si debba “andare avanti sempre e comunque”, così ogni sosta o momento di stanca, ogni fase calante ci fa sentire sbagliatə.
E invece dovremmo considerarci come “fenomeni che variano periodicamente secondo una legge armonica semplice”.
Come i suoni puri, le luci monocromatiche, le correnti alternate, le oscillazioni elettriche, con il loro andamento sinusoidale.
Fuori fase
Quante volte abbiamo dovuto ammettere a malincuore di essere fuori fase?
La società della prestazione in cui viviamo non tollera, anzi condanna, la stanchezza fisica o mentale, la depressione psichica e altre forme di disagio.
E si ostina a considerare la salute come semplice assenza di malattia, invece che come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale.
Invece è importante accettare di essere fuori fase senza colpevolizzarsi ed approcciarsi senza fretta e senza giudizio alle cause del proprio malessere.
Prendersi il tempo di vivere i propri cicli, concedendosi un po’ di improduttività.
Che lusso! dirai. In realtà è un tuo diritto.
Voglio –
Tempo a disposizione per disegnare e studiare alcune cose da vicino col sentimento, non col pensiero – arrivare alle cose.
Voglio ridere per la soddisfazione che ne segue e l’equilibrio e una vasta sicurezza.
Voglio avere la libertà di giocare, fare le cose che scelgo per la pura gioia di farle senza nessuna finalità di progresso.
Capire con pazienza le leggi delle cose che crescono.
Marion Milner, Una vita tutta per sé
Prendersi cura
Una volta accettate la nostra ciclicità e le nostre fragilità è di vitale importanza imparare a prendersene cura.
Come farlo in un sistema dove l’incuria regna sovrana?
Il collettivo inglese Care Collective risponde a questa domanda nel suo prezioso Manifesto della cura e propone una «cura promiscua», che non discrimina nessunə ed è fuori dalle logiche di mercato.
Prendendo spunto dalle pratiche femministe e dalle teorie sviluppate negli anni Ottanta e Novanta per contrastare la diffusione dell’AIDS (in particolare grazie al lavoro di Act Up), queste donne affermano che anche noi possiamo prenderci cura in maniera promiscua.
Promiscua non significa casuale o effimera. Significa indiscriminata e capace di mettere in relazione persone non necessariamente vicine.
Significa espandere la nostra idea di cura e immaginare che è possibile prendersi cura di, interessarsi a, prendersi cura con fuori dai protocolli sanitari, politici e sociali del sistema.
Cura promiscua significa riconoscere la cura come capacità di tutti e che tutte le nostre vite migliorano quando ci prendiamo cura degli altri, gli altri si prendono cura di noi e ci prendiamo cura insieme.
Non esiste essere umano o non umano per cui questo non sia vero.
(The care Collective, Manifesto della cura)
Nella pratica prendersi cura può voler dire: aiutare una persona in difficoltà che abita vicino a noi, far parte della rete solidale della propria città, scambiare le proprie competenze con quelle altrui, offrire solidarietà (non elemosina) a chi vive ai margini, fare volontariato nei rifugi antispecisti e molto altro ancora.
Sono convinta però che per poter aiutare bisogna saper aiutare e per saper aiutare bisogna saper aver cura di sé.
Arteterapia come cura promiscua
“L’arteterapia è un insieme di pratiche professionali di matrice artistica finalizzate a promuovere le risorse creative degli individui, dei gruppi e delle comunità per sviluppare benessere personale e sociale, che abbia come linguaggio di vertice quello dell’arte plastico-pittorica e visiva.
L’arteterapia ha come obiettivo il benessere, non è una professione sanitaria e non prevede attività riservate alle professioni sanitarie. In questo senso il termine “terapia” non è inteso in un’accezione strettamente sanitaria, bensì in riferimento alla nozione estensiva di “salute” (e quindi inevitabilmente anche di “terapia”) così come formulata dall’OMS: “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”.
(dal sito di Apiart)
Credo che il setting di arteterapia sia un buon posto in cui creare relazioni di cura con noi stessə e con le altre persone, anche non umane.
Il setting è spazio protetto che creo perché tu possa entrare in contatto con il tuo mondo interiore e tempo prezioso per dedicarti al processo creativo.
Il setting è il luogo del nostro incontro dove puoi condividere, se vuoi, le sensazioni emerse ed esplorare preoccupazioni, insicurezze, ansie. Io sono testimone e alleata, presenza discreta che facilita l’auto espressione, la riflessione, il cambiamento e la crescita personale.
Nel nostro setting non c’è giudizio né aspettativa, solo la voglia di mettersi in gioco e la curiosità di scoprire cosa le immagini possono raccontarci: non le interpretiamo, riflettiamo insieme su ciò che è stato creato.
Se vuoi scoprire qualcosa di più sui percorsi che propongo (100% empowerment free!) puoi visitare la sezione paths del sito, oppure scrivermi a stefania@vitacreattiva.it
Tu come hai iniziato quest’anno? In che fase sei? Come ti prendi cura di te stessə e del resto del vivente?
Raccontamelo nei commenti se ti va!