Ti aiuto a ritrovare tempo e spazio per te, a trasformare le emozioni in risorse e a dare forma alla tua unicità attraverso la creatività.
I miei percorsi sono spazi sicuri, senza giudizio né aspettativa, dove puoi ascoltarti, esprimerti e riscoprire chi sei, con strumenti creativi che ti aiutano ad attraversare i momenti di cambiamento con più consapevolezza, fiducia e libertà.
Se sei qui, probabilmente stai attraversando un momento di passaggio: un cambiamento, un lutto, una crisi di senso, oppure un desiderio profondo di ricollegarti a te stessə e alla vita.
Ti ritrovi a gestire emozioni complesse, magari senza trovare uno spazio autentico per esprimerle e senti che la routine ti strema anziché sostenerti.
Cerchi cura non finalizzata solo a performare meglio, strumenti immaginativi e tangibili, un modo di abitare il tempo che sia intenzionale, non solo funzionale.
Nel mio lavoro costruisco percorsi di arteterapia individuali e di gruppo, pensati per attivare le tue risorse creative, favorire l'ascolto interiore e trasformare la tua routine quotidiana.
Ogni percorso è un sentiero unico in cui utilizziamo materiali vari (spesso naturali e di recupero), collage, journaling, ecotuning, immagini e rituali creat(t)ivi.
Di sicuro non offro lezioni di tecniche artistiche e non interpreto la tua immagine: cerco invece di stimolare una tua lettura consapevole di quanto accade dentro di te durante il processo creativo.
Il focus è trasformare il tuo sentire in un kit di risorse utili a riconoscere le tue capacità, a gestire il tempo in maniera consapevole e a dare forma concreta ai tuoi progetti del cuore.
La mia storia non è fatta di grandi gesti eroici o di cambiamenti improvvisi.
È un divenire lento, sostenibile, che pratica una fiducia ostinata. È un desiderio costante, quotidiano, di costruire una vita che mi somigli.
Una vita creattiva, come mi piace chiamarla.
Da bambina passavo ore a costruire villaggi di carta: disegnavo, coloravo, ritagliavo ogni dettaglio, ogni personaggio, ogni casa. Poi disponevo tutto a terra e, in quel momento, quei mondi prendevano vita.
In famiglia, con affetto, chiamavano quei momenti "i miei ritagli": per la tecnica, certo, ma anche — a un livello più sottile — perché erano considerati fuori scena. Marginali rispetto alla "vita vera", fatta di compiti, compostezza, responsabilità.
Erano ritagli di tempo da dedicare alla creatività, e come tali dovevano restare: laterali, accessori. Quel messaggio, purtroppo, mi è arrivato forte e chiaro.
E per un po', crescendo, ho smesso di chiedere aiuto alle immagini. Sono diventata bravissima a sabotarmi da sola. A convincermi che non fosse importante, che non servisse davvero.
Ma, come dice qualcunǝ, la vita è lunga e fa molti giri. E quel richiamo ai mondi immaginali, alle storie e alle forme, è tornato a bussare.
Con l'arte, la tecnica teatrale e l'arteterapia ho potuto finalmente tornare a fare quello che da bambina facevo naturalmente: dare forma all'invisibile.Ho creato Vita Creattiva per essere d'aiuto con cura e creatività, mentre imparavo a lasciarmi spazio per esprimermi, mentre disimparavo le regole che non mi appartenevano.
È la mia risposta personale e politica a un sistema che pretende efficienza e prestazione, anche nel sentire.Vivere una vita creattiva, per me, significa non restare alla superficie delle cose.Significa contribuire attivamente alle cause in cui credo, cercare nuove parole per emozioni vecchie, dare corpo a nuove forme di cura. Significa imparare a usare quello che ho - tempo, energie, idee - in modo autentico e non addomesticato. Significa disegnarmi una routine che mi accolga, che mi sostenga, che non mi ingabbi.
Ho imparato a fidarmi delle mie risorse creative e delle loro fasi: l’ispirazione che arriva da un dettaglio, la concentrazione che affiora nel silenzio, l’organizzazione che nasce anche dal disordine, la realizzazione che prende forma nel gesto, e la perseveranza che tiene insieme tutto. Ho capito che posso leggere la realtà con il mio alfabeto e riscrivere le regole che mi tengono stretta. Che posso dare il mio contributo, piccolo ma consapevole, per rendere questo mondo un po’ meno ingiusto.
"un diverso genere di chiamata all'azione, una chiamata psico-spirituale/politica"
— Gloria E. Anzaldúa
Trasformarli in luoghi generativi, in soglie da cui ripartire.
Si arriva nel setting per elaborare, trasformare, integrare.
È uno spazio vivo, poroso, dove le immagini prendono voce e raccontano significati.
Credo in una cura promiscua, gentile e radicale. In immagini eversive.
Nel potere trasformativo dell’immaginazione come gesto quotidiano.
In un lavoro che parte dal basso, che tiene conto delle ferite, che non separa mai la crescita personale dalla responsabilità collettiva.
E credo, soprattutto, che anche nei giorni più pieni, ci sia sempre un margine per un respiro, un gesto simbolico, una piccola rivoluzione interiore.
Sono nata nel verde Molise e vivo a Pisa da un bel po'.
Di formazione umanistica, laureata in Antropologia del mondo antico, negli anni ho esplorato molte discipline e molti ruoli: tecnica teatrale, libraia e creatrice, con il nickname tekiuen, di performance relazionali e installazioni partecipative.
L'arteterapia è il tassello che mancava, la ciliegina sulla torta della mia esperienza poliedrica l'antropologia, la competenza in ambito tecnico e la voglia di entrare in relazione finalmente possono dare insieme i loro frutti attraverso la creazione di setting terapeutici, di atmosfere in cui invito le persone a mettersi in gioco e, stando loro accanto, le aiuto a scoprire se stesse.
Dal 2022 mi occupo di Orto Creattivo, un orto urbano di periferia a finalità sociali dove creatività e natura si incontrano per creare benessere e comunità. Negli anni, oltre alla formazione permanente in arteterapia, ho integrato conoscenze di ecoterapia, Ikigai e Journaling coaching.
Da sempre considero il mio setting di arteterapia vivo, poroso, situato: uno spazio di possibilità, un laboratorio dell'immaginazione politica e affettiva in cui continuare a portare, con gentile radicalità, processi di coscientizzazione, alleanze abilitanti, visioni utopiche e pratiche di benvedenza.
Quella benvedenza che Rachele Borghi definisce come un'attitudine all'ascolto, alla sospensione del giudizio, alla condivisione, all'apertura, ma anche alla messa in discussione e alla "sbaglieranza", ovvero la libertà di esplorare anche l'errore come parte del percorso.
In questo modo il setting non è solo uno spazio di cura individuale, ma diventa spazio di creazione, di scambio, di elaborazione di strategie collettive; un contro-spazio in cui fermarsi a pensare, immaginare, cercare, trovare e sperimentare altri modi di vivere e abitare il mondo.
Quello che propongo è un lavoro creativo e trasformativo che ha a che fare con la nostra identità, certo, ma anche con il nostro tempo, con la complessità che ci attraversa, con il modo in cui scegliamo di abitare il mondo – e di prenderci cura di esso, anche quando sembra difficile.
"Per questo, tra me e me e scherzosamente, chiamo la mia una "arteterapia per lo Chthulucene" ispirandomi a Donna Haraway, che ci invita a pensare a questo tempo non come a un'epoca da temere o da ignorare, ma come a uno spazio profondo, tentacolare in cui ogni essere vivente è interconnesso e dove ogni gesto, anche il più piccolo, può contribuire a creare nuovi immaginari, nuovi linguaggi, nuove alleanze.
In questo modo, la creatività diventa una forma di presenza consapevole e incarnata, uno strumento di cura e di giustizia, un esercizio quotidiano di responsabilità.
Non lavoriamo solo per sentirci "meglio", ma per sentire più a fondo e per imparare a restare in relazione – con le nostre storie, con i nostri desideri, con le nostre ferite, ma anche con le altre persone, di ogni specie.
I riferimenti che accompagnano il mio lavoro sono quelli che più hanno nutrito il mio pensiero e il mio sentire: da Donna Haraway a Martha Nussbaum, da Rosi Braidotti a Gloria Anzaldúa, da Angela Davis a tutto il pensiero femminista intersezionale nero, passando per le pratiche eco-transfemministe e antispeciste che ci ricordano quanto la liberazione non sia mai individuale, ma collettiva e interspecifica.
Ed è proprio da questa visione che nasce anche il mio modo di accompagnare chi arriva nei percorsi: offrendo strumenti creativi per esplorarsi, ma anche contesti sicuri e accoglienti per pensarsi dentro il mondo; per immaginare forme di cura nuove, più ampie, più profonde, più giuste.
è il momento giusto per rispondere a questa chiamata alla creatività.
Parliamone in una call gratuita, in cui tu potrai raccontarmi qualcosa di te e io ti guiderò in una prima esperienza di arteterapia.
Sono una raccoglitrice: di storie, frammenti, elementi naturali, immagini, connessioni.
Pratico una spiritualità meticcia fatta di meditazioni, preghiere e piccoli rituali.
Un po' punk e un po' scout, mi piace circondarmi di libri e circuiti elettronici, rosari di varie tradizioni, incensi e candele profumate.
Sono una femminista intersezionale: credo che tuttɜ abbiamo diritto a una buona vita senza distinzioni di specie, classe, etnia, genere, orientamento sessuale, abilità fisica e mentale, età.
Il tempo libero lo passo con le persone che amo, umane e non.